LA CIVILTÀ EMPATICA

Nella biologia evoluzionista ci sono stati grandi sviluppi sulla natura umana negli ultimi 10 anni.

Da un esperimento su un macaco negli anni '90, gli scienziati hanno scoperto che, se guardo una persona che ha un'emozione, io sento ciò che sta avvenendo in quella persona, perché si attivano gli stessi neuroni, detti neuroni specchio. Quindi è possibile sentire le emozioni altrui. Da vari studi di neuropsicologia, neuroscienze e psicologia evolutiva si è scoperto che le persone sono programmate per la socievolezza. Il nostro impulso primario è quello di "appartenere". Infatti l'essere umano prova empatia. 

L'ipseità è accompagnata dallo sviluppo empatico. Maturando l'ipseità, aumenta l'empatia. A 8 anni i bambini imparano che esiste la morte, che la vita è una sola ed è fragile, che ogni persona è unica e quindi riesce ad identificarsi nelle sofferenze altrui. 

Empatia è il contrario di utopia. L'empatia c'è solo dove c'è mortalità. Non c'è empatia in utopia perché non c'è sofferenza. L'empatia si basa sulle fragilità e sulle imperfezioni. 

Le conoscenze cambiano con la storia: il cervello ha collegamenti diversi rispetto a quelli delle persone del passato. Come cambia la coscienza nel tempo? Se gli umani estendessero la loro empatia a tutto il genere umano, agli animali e alla biosfera, potremmo salvare le nostre specie e il nostro pianeta. L'empatia permette alla nostra sensibilità di allinearsi a quella altrui. 

All'inizio i primitivi socializzavano solo con la loro tribù, quindi attraverso i legami di sangue, successivamente sono iniziati legami su base religiosa: ebrei con ebrei, cristiani con cristiani, ecc, dopodichè sono iniziati i legami nazionali (tedeschi con tedeschi,...). In questo modo si estendevano le "famiglie" e si costruivano relazioni e identità. Le nuove tecnologie ci permetteranno di estendere la nostra empatia al genere umano allargato all'intera biosfera? 

Gli studi hanno spiegato che tutte le persone vengono da due soli individui: la donna database e Adam cromosoma Y. Dobbiamo iniziare a vederci come una famiglia estesa, ad allargare il nostro senso di identità. Siamo infatti l'homo "empathicus".

 

 Empatia e linguaggio alla base del comportamento sociale - Stefano Centonze

 


 

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